I dati riferiti allo spreco alimentare nel mondo indicano che il 54% del prodotto viene sprecato già in fase di produzione, raccolta e immagazzinaggio, mentre il 46% viene gettata via nelle fasi successive di trasformazione, distribuzione e consumo. In Europa, in base a stime condotte dalla Commissione europea, il 42% del prodotto viene sprecato in ambito domestico, il 39% in produzione, il 5% dala grande distribuzione e il 4% nella ristorazione commerciale e collettiva (mense e ristoranti).

In Italia più del 54% dello spreco alimentare avviene a livello domestico, il 21% nella ristorazione, il 15% nella distribuzione commerciale e il 10% a livello di produzione. Tale spreco ammonterebbe in media a 76 kg di prodotto pro capite ogni anno che in termini monetaria equivale a circa 1600 euro all’anno per ogni famiglia. Una recente indagine Coldiretti/Ixè del 2016 ha, fortunatamente rilevato che molte famiglie italiane stanno adottando nuove strategie per limitare lo spreco probabilmente anche a causa della crisi economica. Secondo questa indagine il 33% degli italiani avrebbe diminuito lo spreco, il 31% lo avrebbe mantenuto costante, il 25% lo ha annullato mentre solo il 7% dichiara di averlo aumentato.

Da questi dati emerge un divario tra i paesi in via di sviluppo e i paesi sviluppati riferibile alle cause dello spreco alimentare. Nei paesi emergenti e in via di sviluppo gli sprechi sono principalmente assimilabili al concetto di perdita ovvero di alimenti persi lungo la filiera a causa di investimenti limitati nel comparto (infrastrutture, trasporto, stoccaggio), alla mancanza di acqua, alla gestione del suolo e all’organizzazione del lavoro. Nei paesi sviluppati, invece, gli sprechi alimentari sono prevalentemente riconducibili a errata gestione domestica e fattori comportamentali del consumatore.

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